Anteprima


Elisa Delpari, 1944: The rebellion
Copyright© 2021 Edizioni del Faro
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via dei Casai, 6 – 38123 Trento
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Questo libro è stato pubblicato grazie al sostegno dei lettori
www.adottaunlibro.it

Seconda edizione: novembre 2021 – Printed in the EU
ISBN 978-88-5512-187-3
In copertina: Foto di Gerd Altmann da Pixabay


1944: THE REBELLION

Capitolo 1
La visione: qual è il significato della mia vita?

Mi chiamo Elektra, a scuola sono considerata una sfigata, sempre china sui libri, senza uno straccio di vita sociale; non aiuta il fatto che mi vesta sempre con tute da ginnastica o maglioni sformati, per non attirare l’attenzione ed eviti ogni festa ed evento scolastico come la peste. Il ragazzo di cui sono innamorata, Matt (capitano della squadra di football), fin dalle elementari non mi ha mai notata. L’unica ragazza che ha accettato di essere mia amica è Alice, una compagna di classe, ed è proprio da lei che mi trovo in questo momento, a piangere e sfogarmi come un anima in pena.
– Perché devo essere sempre trattata così? Non è giusto!
– Sai benissimo qual è il problema. Sono sempre dalla tua parte, ma dovresti sforzarti di essere meno apatica. A proposito, che ne dici se stasera andiamo a un party?
– Lo sai che li odio, nessuno mi rivolgerà la parola e poi non ho niente da mettermi.
– E se ti dicessi che c’è anche Matt, potrei riuscire a convincerti?
– Non so, però devo pur iniziare da qualche parte. Va bene, mi hai convinto, ci vengo! A una condizione però, niente abito elegante, solo jeans e maglietta.
– Va bene! Ti passo a prendere per le otto, ok? Per i vestiti non ti preoccupare, te li trovo io un paio di jeans carini e una maglietta, tanto abbiamo la stessa taglia. Eccoli, prendili e vai a farti bella. A dopo!
Arrivo a casa, il tempo di mangiare, prepararmi ed ecco che Alice è già qui.
– Ciao Elektra, sei pronta?
– Sì, andiamo!
Arrivate a destinazione il vialetto è già pieno di auto: sono tutti lì. Comincio a pensare che non sia stata una buona idea, ma ormai sono qui e non posso certo tirarmi indietro.
Ci spostiamo all’interno della villa, immensa, disposta su tre piani: l’ingresso sembra la copia di un tempio greco. Nel retro dell’abitazione si trova un giardino grande come l’intera città, con al suo interno due piscine olimpioniche, un campetto da football e uno da volleyball.
Nelle varie stanze (tutte lussuose con mobili pregiati, lampadari di cristallo ed vari gadget elettronici di ultima generazione) musica a palla e rifiuti sparsi dappertutto, molti ragazzi già ubriachi oppure nelle camere da letto a divertirsi.
Mi guardo intorno e vedo Matt che, notandomi, fa un gesto di saluto con la mano nella mia direzione, sorridendomi. Sarà forse che, grazie al mio nuovo look, sto cominciando a ottenere gli effetti desiderati? Sembrerebbe di sì!
Noto che alcune mie compagne (tutte con abiti da sera che, a mio parere, sono molto più adatti per un locale di spogliarelliste) mi guardano in maniera curiosa. Non sono abituate a vedermi vestita così, ma a giudicare dalle loro occhiate direi che il mio aspetto non deve essere poi così male. Sto cominciando a sentirmi a mio agio quando, all’improvviso, comincio ad avvertire un senso di stanchezza e sonnolenza: gli occhi cominciano a chiudersi. Sento che sto per avere un mancamento, non so quanto riuscirò a resistere. Provo ad aggrapparmi al muro ma non ce la faccio, cado per terra perdendo i sensi.
Tutto a un tratto mi ritrovo in una stanza molto stretta e buia, con pochissima illuminazione, completamente spoglia. Sembra quasi uno dei bunker scavati sottoterra che ho visto spesso nei film
di guerra.
Al centro della stanza c’è un tavolo enorme pieno di carte (sembrerebbero mappe geografiche ma non capisco di quali Paesi, le scritte sono in una lingua che non conosco), documenti, fotografie in bianco e nero di uomini e donne in uniforme militare.
Intorno al tavolo c’è un gruppo di persone (sia ragazzi che ragazze di varie età, alcuni molto giovani, sembrano quasi dei bambini), vestiti con abiti di un’altra epoca, direi che possono risalire agli anni Quaranta/Cinquanta.
Quasi tutti sono armati, portano in spalla dei fucili o delle pistole alla cintura. Sparse in giro per la stanza vedo anche altre armi di vario tipo e dei mezzi di trasporto (biciclette, una motocicletta e due vecchie automobili, una delle quali ha una croce rossa disegnata sui finestrini).
Uno dei ragazzi (che qualcuno chiama con il nome Paolo), molto bello, con folti capelli ramati, occhi azzurro ghiaccio e un fisico atletico e asciutto, si gira verso di me guardandomi con uno sguardo carico di significato, come se provasse un qualche tipo di sentimento e dice: – Allora Lisa, qual è il piano per stasera? Andiamo a uccidere qualche crucco?
Lo guardo un po’ strano pensando dentro di me: “Ma di cosa sta parlando? Chi è Lisa? Si sta rivolgendo a me?”
Sono nel panico più totale, quando improvvisamente, così com’era cominciato, termina questo mio viaggio e mi trovo nuovamente a terra semisvenuta. Inizio a sentire delle voci familiari, tra cui quella della mia amica Alice. Riapro gli occhi ed eccomi lì, di nuovo nella villa con i miei compagni che mi guardano a metà tra lo stranito e il preoccupato (incredibile ma vero, non l’avrei mai pensato, forse sotto sotto non mi detestano così tanto).
– Elektra, tutto bene? Sei caduta così all’improvviso che mi sono spaventata a morte!
– Sì, tutto a posto. Dev’essere stato un calo di zuccheri, ogni tanto mi succede.
– Forse è meglio se ti riporto a casa, che ne dici?
– Sì, sono d’accordo, andiamo.
Usciamo e dopo pochi minuti siamo di fronte a casa mia: una modesta casetta a schiera anonima in mezzo alle altre; purtroppo i miei genitori non navigano in buone acque: mia madre al momento è disoccupata mentre mio padre lavora in una fabbrica per pochi soldi. Durante il tragitto ho pensato e ripensato se raccontare alla mia amica quanto mi è accaduto, ma decido di aspettare. Non voglio essere presa per pazza e, in fondo, non sono sicura neanch’io di quello che ho visto.
– Ciao, ci vediamo a scuola domani, vero? – mi chiede Alice ancora visibilmente impensierita.
– Certo, assolutamente, non ti preoccupare, sto molto meglio adesso.
Rientro a casa, vado in camera, mi metto a dormire e non ci penso più.

Capitolo 2
Cosa sta succedendo?

Il mattino successivo, durante le lezioni, ripenso continuamente all’avvenimento della sera precedente e, per la prima volta in vita mia, non ascolto i professori (cosa alquanto insolita, considerando la mia reputazione di secchiona storica) che, stranamente, non mi dicono nulla, né mi riprendono.
La mia amica se ne accorge e appena uscite da scuola mi chiede:
– Cosa c’è che non va?
Ma io, per paura della sua reazione (ma anche per non farla preoccupare inutilmente, è una persona molto ansiosa e iperprotettiva, basta poco per farla uscire di testa), faccio finta di niente e continuo a tenere tutto per me.
Alla sera, mentre sto facendo i compiti per il giorno dopo, mi coglie di nuovo quella strana sensazione avuta durante la festa a casa del mio compagno. Stavolta non faccio niente per oppormi e mi lascio completamente trasportare (devo ammettere che è stato molto meno fastidioso; la volta precedente, prima della sonnolenza e della stanchezza, ho avvertito una specie di dolore, come se mi stessero infilando tanti piccoli aghi nel cervello).
Ed è così che mi ritrovo in uno scenario completamente diverso rispetto alla prima volta.
Adesso sono in un ambiente collinare e, a giudicare dalla temperatura, mi trovo nel bel mezzo dell’estate (frinire di grilli e cicale e il sudore che mi cola giù dalla schiena su tutto il corpo ne sono un chiaro esempio), circondata da ogni lato da boschi verdi e lussureggianti. In lontananza vedo alcune volpi e qualche lupo con il pelo grigio e bianco, seguito a breve distanza dai cuccioli, che si muovono in mezzo al fogliame alla ricerca di cibo. In sottofondo odo chiaramente il cinguettio degli uccelli e il suono dell’acqua che scorre (presumo quindi che ci sia un ruscello nelle vicinanze, che da qui però non riesco a scorgere).
Sono riparata da una barriera di fogliame e terra e di fianco a me, con i fucili puntati verso un obiettivo ben preciso, c’è il gruppo di ragazzi visto nella prima premonizione (scorgo qualche viso nuovo; tra loro anche coppie di una certa età, chissà se hanno dei bambini che li aspettano a casa).
A un certo punto sento in lontananza delle voci che parlano una lingua che non capisco e dopo pochi minuti ecco che, al limitare della radura, vedo apparire un gruppo di uomini in uniforme militare.
Dopo uno scambio di battute, che sembrano ordini urlati a gran voce, i soldati si posizionano di fronte a noi. Che cosa succederà ora?
Il ragazzo che mi ha rivolto la parola la prima volta, che trovo molto carino, mi dice: – Stai pronta a entrare in azione. Mi raccomando, non devono assolutamente fuggire!
Io, che non capisco a cosa si riferisca, me ne rimango ferma senza muovere un muscolo. Il ragazzo fa un cenno agli altri, dopodiché inizia il caos.
Le mie mani si muovono da sole, come se sapessi usare il fucile da tutta la vita, posizionandosi sul grilletto e, con una mira che non credevo di avere (a scuola mi prendevano sempre in giro durante l’ora di educazione fisica perché non riuscivo neanche a fare un canestro) inizio a centrare uno dopo l’altro i nemici che cadono a terra, come fossero tanti piccoli birilli.
Purtroppo, da dietro la prima fila di soldati, appaiono come per magia altri uomini che, per dare manforte ai compagni, iniziano a spararci addosso con una mitragliatrice.
La potenza dei proiettili è talmente forte che, con un rumore assordante, riescono a infrangere la barriera e sembrano provenire da ogni parte.
Molti miei compagni vengono feriti e uno di questi, fortunatamente ancora illeso, accorgendosi del pericolo che sto per correre, inizia a muoversi verso di me. Io non avevo capito ancora nulla di quello che mi sarebbe accaduto di lì a poco.
Non fa in tempo a raggiungermi che comincio a sentire prima un dolore esagerato e poi un bruciore altrettanto lancinante al braccio sinistro.
Abbasso lo sguardo per capire cosa sia successo e, attraverso la manica lacerata che sta assumendo un colore rossastro, vedo un buco da cui comincio a sanguinare in maniera esponenziale.
Capisco di essere stata colpita e presa da una paura incontrollabile, stramazzo al suolo semicosciente. Nonostante lo stordimento, capisco che qualcuno mi solleva e mi trasporta da qualche parte, presumo in un luogo sicuro. Mi sento adagiare su una superficie morbida; qualcuno sta toccando il mio braccio, sicuramente stanno tentando di curarmi.
Per un minuto apro gli occhi, sopra di me vedo una tenda verde, molto simile a quelle che nei film di guerra vengono usate dai soldati per accamparsi. Alla mia destra c’è un tavolino rovinato dall’uso, pieno di garze insanguinate, barattoli di medicinali quasi vuoti e strumenti, la cui forma ricorda parecchio i bisturi usati durante le operazioni chirurgiche.
Paolo dice qualcosa che mi riguarda a un uomo con il camice da medico: – Ti prego, devi salvarle la vita, non posso perderla!
La cosa mi fa molto piacere, anche se non ne capisco il motivo e gradirei molto sentire cos’altro sta dicendo, ma purtroppo il destino o la sfortuna non me lo permettono, perché proprio in quel momento mi risveglio e mi trovo di nuovo in camera mia, distesa sul letto con il libro di matematica ancora in mano.
Osservo subito il mio braccio ma, come avevo supposto, non c’è nulla: nessun buco, graffio o altro che dimostrino quello che ho appena vissuto. Non ci sto capendo più nulla, sto forse impazzendo? Esausta dalla giornata appena trascorsa, appoggio la testa sul cuscino e mi addormento all’istante. Da quel momento in poi, sempre più spesso, durante la notte, a volte anche di giorno, mentre sono cosciente, continuo ad avere visioni di questo tipo che diventano sempre più reali e violente, al punto che non riesco più a distinguere la realtà dalla fantasia.
E se durante una delle mie allucinazioni dovessi morire, cosa succederebbe? Accadrebbe la stessa cosa anche nella realtà? Non mi sveglierei più il mattino dopo?

Capitolo 3
Sotto copertura

Non ce la faccio più a tenermi tutto per me, ho bisogno di dirlo a qualcuno, queste visioni cominciano a logorarmi sia mentalmente che fisicamente. Decido così di raccontare tutto all’unica persona della quale mi fido e che non mi prenderà in giro.
Un pomeriggio, dopo le lezioni, vado a casa di Alice. I suoi genitori hanno dei lavori importanti: la madre è medico nell’ospedale della città e il padre è avvocato in uno studio legale prestigioso; sono persone molto socievoli ed espansive che considero quasi come la mia seconda famiglia.
La casa è molto grande, confortevole e accogliente: nella sala hanno un camino, ma anche molti oggetti provenienti da vari viaggi fatti in giro per il mondo mentre all’esterno vi è un bel giardino;c’è anche un piccolo portico dove io e Alice, durante le serate estive, passiamo ore e ore a chiacchierare. Ora siamo in camera sua, le pareti sono piene di poster di cantanti e attori famosi, sugli scaffali e sulla scrivania, oltre a libri e romanzi fantasy, c’è la sua collezione di action figure dei personaggi di anime giapponesi e, in una vetrinetta a parte, una serie di manga, qualcuno anche erotico (eh sì, la mia amica e io siamo due fanatiche di questo mondo).
– Allora Elektra, che succede? Al telefono mi sembravi un po’ strana.
– Ora ti spiego tutto, però promettimi una cosa, non metterti a ridere.
– Perché dovrei farlo, scusa? Sei la mia migliore amica, avanti, parla.
– Ok! Dunque, è cominciato tutto un paio di settimane fa alla festa. Ti ricordi quando sono svenuta?
– Certo, come potrei dimenticarlo? Sono quasi morta di paura, avevi avuto un calo di zuccheri giusto?
– No, ti ho detto una bugia. In realtà, non so né come né perché, mi sono ritrovata in un’altra epoca, circondata da ragazzi che erano vestiti in modo strano e che mi parlavano come se mi conoscessero da tutta la vita. Da quel momento, sia di notte, sia di giorno, ho continuato a vivere questi episodi sempre più spesso.
Alice rimane in silenzio per qualche minuto.
“Ecco, penso io, mi sono giocata l’unica amica che ho”.
Invece lei esclama, con una voce a metà tra lo stupore e la curiosità: – Wow, ma è fantastico! Ho sempre desiderato vivere una cosa del genere!
– Ma come? Non mi dai della pazza?
– No, assolutamente! Lo sai che credo nei fenomeni inspiegabili e nel paranormale. Sai, potrei già avere una teoria!
Un po’ spiazzata dalla sua reazione, la guardo incuriosita e le chiedo: – Dai, sputa il rospo, qual è la tua idea?
– Conosci il mito indiano della reincarnazione o vita passata?
– Sì, qualcosa ho letto, ma non ho approfondito e non mi ricordo molto.
– Ok, penso sia quello che ti sta succedendo. Le visioni che hai potrebbero essere quelle di una tua vita passata: dovresti cercare di capire di quale periodo si tratta.
Non ci avevo minimamente pensato, ma ora che Alice me lo ha detto, potrebbe essere un ipotetica soluzione.
– Sai, potresti avere ragione ma se fosse, perché proprio ora? Non ne capisco il motivo.
– Forse una tua antenata sta cercando di dirti qualcosa, ma questo lo puoi scoprire solo tu.
Perché non inizi a fare delle ricerche in biblioteca, magari partendo dal periodo storico in cui ti sei trovata?
– Certo, perché no, potrei iniziare già da domani. Che ne dici se, visto che sei interessata anche tu, non mi fai compagnia in biblioteca dopo le lezioni?
– Va benissimo, non vedo l’ora che arrivi il momento. Chissà cosa scopriremo.
– Perfetto, ti aspetto davanti all’ingresso. Ora vado a casa, si è fatto tardi. Ciao, ciao!
Quando arrivo, mi fiondo in camera mia ed eccitata all’idea di svelare il mistero, mi addormento senza sognare nulla.
Il giorno dopo sono tutta agitata e nervosa, non vedo l’ora che suoni la campanella. Appena arriva il momento, vedo Alice già pronta che mi sta aspettando.
– Sai, non ho chiuso occhio stanotte, continuavo a pensare al tuo racconto.
– A chi lo dici, forza, andiamo!
Arriviamo alla biblioteca che, fortunatamente per noi, è proprio a pochi passi dall’istituto scolastico. L’edificio, costruito nel 1600 (periodo di fondazione della città), è disposto su due piani, con lo stile dell’epoca: una scalinata d’ingresso, alle cui estremità sono posti due leoni in marmo rosa, da accesso a un porticato, composto da colonne imponenti (nella parte superiore sono scolpiti motivi a spirale, intarsiati in bronzo e oro, che ricordano le onde del mare) che sorreggono a loro volta una balconata in pietra, delimitata da un corrimano decorato da ghirlande di fiori ed elementi geometrici. Dei finestroni riccamente decorati, ed la scritta in latino “Scrinium” bordata d’oro completano l’insieme. Entriamo in un salone sfarzoso (le pareti sono riccamente affrescate, al soffitto sono appesi lampadari di cristallo e i mobili sono tutti di legno pregiato) ed ci rechiamo alla reception dove, concentrata nella catalogazione di alcuni libri, troviamo una signora di mezz’età coi cappelli scuri legati in uno chignon, un paio di occhiali inforcati sul naso e un abbigliamento rétro.
Non appena alza lo sguardo, le chiediamo dove si trovi la sezione inerente alla storia. La donna ci indica un corridoio in fondo alla sala contrassegnato dal numero 10.

Io e Alice ci avviamo in quella direzione, passando tra scaffali di legno antico pieni di libri, da quelli più moderni a quelli più antichi, riconoscibili dalle copertine ingiallite dal tempo e dalle scritte in lingue ormai dimenticate: greco, latino e tante altre.
Arriviamo alla sezione che ci interessa e, non sapendo da dove iniziare, comincio scegliendo i libri che parlano delle guerre a partire dagli inizi del Novecento, ricordando l’abbigliamento dei personaggi incontrati nel mio viaggio.
Ci dirigiamo ai tavoli da lettura, anche questi in legno massiccio, con le gambe intarsiate con motivi che richiamano fiori, piante e animali. Ci sediamo, fortunatamente al nostro tavolo non c’è nessuno, e iniziamo a sfogliare i vari volumi. Alcuni sono molti vecchi, con disegni in bianco e nero e i bordi mangiati dal tempo.
In altri sono raffigurati luoghi lontani che non riconosco.
Dopo un’oretta, finalmente, leggendo un volume sui conflitti della storia moderna, trovo quello che cerco; una foto di un gruppo di soldati, tutti in fila e sorridenti, con la divisa uguale a quella dei miei sogni.
– Alice guarda, ho trovato qualcosa. Queste persone hanno l’uniforme identica vista nelle mie visioni.
– Era ora, cominciavo ad avere male agli occhi. Di che anno è la foto? C’è la data?
Guardo immediatamente e siamo fortunate, ci sono sia la data che il luogo dov’è stata scattata.
– Sì, è del 1940 ed è stata fatta a Berlino, in Germania.
La mia amica mi guarda e sussurra a bassa voce: – Allora la tua antenata ha vissuto durante la Seconda guerra mondiale. Chissà, magari era un soldato camuffato da uomo. O magari era una ribelle in qualche stato conquistato dai tedeschi; forse ha combattuto contro di loro o dato una mano a salvare qualche civile.
– Può essere, finalmente abbiamo una pista da seguire.
– E ora cosa farai?
– Farò altre ricerche per trovare ulteriori informazioni. Ormai siamo in orario di chiusura, meglio andare prima che ci buttino fuori.
– Ok, andiamo.
Usciamo dalla biblioteca, ci salutiamo, dopodiché me ne torno a casa.
La sera stessa ho un’altra delle mie esperienze paranormali. Da quando Alice mi ha parlato della reincarnazione ho deciso di chiamarle così.
Mi sveglio nello stesso bunker della prima volta, i ragazzi sono riuniti intorno al tavolo e stanno parlando tra di loro.
– Allora Paolo, sei sicuro che sia una buona idea? Non so se Lisa sia pronta per una mossa così rischiosa.
Sentendo il mio nome, mi giro verso di lui, onorata di questa immensa fiducia verso la mia persona.
– Certo che ce la può fare, credo in lei. Giusto Lisa?
Io, rispondendo d’istinto, chiedo: – Sicuro! Cosa devo fare?
– Lo sapevo che avresti risposto così, ti conosco troppo bene. Allora, oggi pomeriggio dovrai infiltrati nel quartier generale dei nazisti per ottenere informazioni sui loro posti di blocco, in modo che possiamo distruggerli ed eliminare più crucchi possibile. Pensi di riuscirci?
Cosa? Stiamo scherzando?
Non so neanche da che parte cominciare, ma comunque non posso certo farli insospettire, quindi rispondo con tutta la naturalezza del mondo: – Certo, quando si comincia?
– Immediatamente! Ti accompagniamo e poi entri nel palazzo; noi saremo lì di fronte, nascosti in un vicolo, ad aspettarti. Mi raccomando stai attenta e non farti scoprire.
Usciamo dall’edificio e, attraverso una serie di strade secondarie (i miei accompagnatori si guardano intorno circospetti, come se si stessero nascondendo da qualcuno) arriviamo davanti a un imponente palazzo.
Ai lati del portone d’ingresso stazionano due guardie: lì riconosco immediatamente, sono due soldati dell’esercito tedesco, presenti nelle foto che ho visto nei volumi all’interno della biblioteca. Un colonnato sorregge un immenso balcone dal quale pende, ar…


Indice

  1. La visione: qual è il significato della mia vita? 9
  2. Cosa sta succedendo? 13
  3. Sotto copertura 17
  4. Una giornata nel 1944 24
  5. Voglio delle spiegazioni! 31
  6. Un viaggio in Italia 37
  7. A spasso per la città 45
  8. Lo zio Carlo 52
  9. Ritorno a New York 60
  10. La città caduta 67
  11. 8 settembre 71
  12. Divento una partigiana 75
  13. 10 dicembre 77
  14. Alla ricerca di aiuto 83
  15. Inizia l’addestramento 91
  16. Come Bruce Lee 100
  17. Il dottor Di Domenico 108
  18. Mi sento Dottor House 116
  19. Una piccola Robinson Crusoe 125
  20. La scelta 133
  21. Conosco Lisa! 141
  22. Il mio primo impiego 149
  23. Il traditore 157
  24. Sotto attacco 165
  25. Ricostruzione 173
  26. L’attentato 181
  27. Missione di salvataggio 189
  28. Un invito inaspettato 197
  29. Il party 204
  30. La confessione 211
  31. Il piano 219
  32. Il Führer 226
  33. L’incidente 233
  34. Fuggiaschi 240
  35. La scelta di Richard 248
  36. La fucilazione 256
  37. Vendetta 264
  38. Arrivederci Ariel 272
  39. Ritorno a casa 279
  40. La fine della guerra 287
  41. Una nuova me 295