Recensione

Tratta dal blog “Chicchi di Pensieri” di Angela

Recensione “2030: Apocalypse war” di Elisa Delpari

Se in “1944: The rebellion“, Elisa Delpari ci aveva trasportati nel periodo della seconda guerra mondiale attraverso un incredibile viaggio nel tempo della protagonista (Elektra), quest’ultima, in “2030: Apocalypse war“, vive nella New York del futuro (un futuro comunque non lontano rispetto al nostro) in cui il mondo è oggetto delle brame di potere di un tirannico imperatore giapponese che va assolutamente fermato; a farlo, saranno gruppi di resistenza armata, guidato proprio da Elektra.

Sono trascorsi più di dieci anni da quando Elektra ha vissuto l’esperienza più straordinaria della propria vita: dopo aver scoperto (in seguito a delle inspiegabili visioni) che la bisnonna Lisa era stata attiva sul fronte della resistenza partigiana durante la guerra, combattendo contro i nazisti, la ragazza aveva avuto modo di vivere – con l’aiuto di un ipnotista – in quel drammatico periodo “incarnandosi” (anche se solo mentalmente) nei panni della bisnonna.

Attualmente vive nella Grande Mela, lavora in ospedale come medico chirurgo ed è sposata con Daniel, responsabile del reparto informatico nella Tec Enterprise, un’azienda che si occupa di creare nuovi software per poi impiantarli nel “corpo” di robot.

Siamo nel 2030 e l’autrice immagina un prossimo futuro in cui, tra i tanti cambiamenti, si riscontra la massiccia diffusione di robot, costruiti con tanta precisione da poter sostituire senza problemi l’uomo in tantissimi ambiti; uno di questi – chiamato Zeus – lavora proprio in casa di Elektra come aiutante, pur essendo la donna molto scettica circa la presenza di questo essere robotico e non umano in famiglia.

Ogni tanto Elektra pensa con nostalgia a Bologna e alla bisnonna, a ciò che “insieme” hanno vissuto, ma un giorno succede qualcosa che le fa capire come ciò che l’è capitato in passato stia per ripresentarsi: le visioni, infatti, ritornano, ma questa volta esse non rivelano episodi già accaduti, bensì che accadranno, che sia a breve o tra molto, Elektra ancora non può saperlo.

Fatto sta che, ovviamente, ne è turbata: cosa vogliono significare questi “sogni ad occhi aperti” che durano pochi minuti ma che le permettono di individuare specifici e chiari personaggi, volti, nomi, ambientazioni e azioni?

Le visioni (o meglio, premonizioni) sembrano appartenere a un futuro post-apocalittico, nel quale la protagonista scorge una New York distrutta da un evento devastante, e poiché esse aumentano d’intensità mostrando scenari di morte e distruzione, in cui si vede coinvolta in prima persona assieme ad altri ragazzi – e vede anche coinvolto, in una certa misura, anche Daniel e la Tec con i suoi robot -, Elektra comprende che un grave pericolo sta per travolgere l’intero pianeta.

In particolare, ad esser sempre più evidente è il Paese da cui sta per giungere il nemico: il Giappone, dove l’imperatore Wuang Lee è salito al potere con cattive intenzioni e con metodi di governo oltremodo discutibili, dittatoriali e violenti, volti a sottomettere la popolazione e a reprimere ogni accenno di rivolta e ribellione.
Ma come se non bastasse, quest’imperatore mira ad espandere il proprio potere ovunque nel mondo, per sottomettere anche altri popoli.

Elektra è sconvolta da queste premonizioni e dal fatto stesso di aver scoperto di possedere il dono di preveggenza, e sente inoltre l’urgenza di dover essere pronta nel momento in cui queste visioni si realizzeranno.
Perché non ci sono dubbi che avverranno, quindi bisogna stare attenti e prepararsi.

Anzitutto, ne parla con il marito, che le crede e si dimostra comprensivo e preoccupato al pensiero che lui stesso, seppur non volendo, sarà coinvolto nella costruzione di robot intelligenti e distruttivi, che verranno impiegati per agire contro i civili; Zeus, il robot di casa, pian piano dà segnali di essere una macchina diversa dalle altre, in grado di provare e riconoscere le emozioni, di mostrare empatia verso la sua “padrona” Elektra, che infatti apprende come lui sia speciale e come dietro quella corazza si nasconda un’anima sensibile (la ragione ci viene spiegate nel corso della narrazione).

Grazie al suo lavoro in ospedale, la donna ha modo di incontrare diversi ragazzi e ragazze che, nei giorni e settimane a venire, andranno a formare la squadra di combattenti di cui lei sarà a capo: Jack, Sara, Sakura ed altre persone, ciascuna con poteri straordinari (potere di guarigione, telepatia, teletrasporto, controllo degli elementi della natura…) che risulteranno molto utili, anzi necessari, per iniziare e portare avanti con successo la resistenza armata contro i giapponesi.

Di lì a poco, secondo quanto mostra la tv, il folle imperatore comincia la sua opera di occupazione militare dei Paesi vicini e non solo: giunge in Europa ed è pronto ad arrivare anche in America.
Va fermato, Elektra è pronta a scendere in campo e a guidare i suoi compagni di lotta perché il male non abbia il sopravvento, a scapito di miliardi di persone innocenti e inermi.

In particolare, dovrà vedersela con il generale dell’impero giapponese Yamamoto, a comando dell’esercito inviato per sottomettere gli abitanti attraverso metodi barbari e crudeli; quando arriva a New York, in poco tempo crea caos e paura, e riesce ad avere il totale controllo della metropoli.

Ma Elektra, proprio grazie alle premonizioni, al costante sostegno del marito e all’aiuto dei suoi amici coraggiosi e pieni di talenti paranormali, formerà un team di ribelli decisi a combatterà l’invasore fino allo scontro finale, per riconquistare la libertà.

Il paranormal fantasy di Elisa Delpari passa dallo sfondo storico del romanzo precedente a quello futuristico/distopico di questo romanzo, che immagina un domani in realtà piuttosto vicino a noi, in cui i robot si sono affiancati agli esseri umani – soppiantandoli in alcuni ambiti professionali -, i grattacieli altissimi e moderni hanno sostituito completamente le case in pietra, niente schermi ma proiezioni olografiche… insomma le conoscenze tecnico-informatiche sono andate avanti.

Come l’altro romanzo, anche questo ha il pregio di risultare di facile e immediata lettura, con una generosa presenza di dialoghi e di momenti avventurosi che creano ritmo e dinamicità.

A mio avviso, lo stile di scrittura ha mantenuto le stesse caratteristiche del precedente libro, in cui avevo sottolineato come – pur apprezzando lo sforzo nel voler contestualizzare le vicende in un periodo storico ben preciso – ci fosse però una certa “ingenuità” e un po’ troppa leggerezza nel descrivere determinati aspetti (importanti) del nazismo; ecco questa cosa l’ho ravvisata anche in questo testo, in cui trovo ci sia troppa precipitazione nel voler fornire un sacco di elenchi, dettagli e informazioni per far capire al lettore il tipo di contesto in cui è collocata la storia, col rischio però di non dosare le informazioni superflue e di curare poco quelle che meriterebbero magari più attenzione.

Ho trovato la scrittura un po’ ripetitiva tanto nella descrizione di alcune situazioni,quanto nell’uso di determinati verbi ed espressioni, il che rischia di appiattire la narrazione in sé, nonché i personaggi e le loro personalità, ciascuna delle quali dovrebbe emergere nel vivo dei dialoghi e delle azioni, più che negli aggettivi elencati dalla voce narrante (Elektra, nel nostro caso), cosa che potrebbe impedire al lettore di immedesimarsi in ciò che legge e far apparire tutto troppo distante.

inoltre, ci sono alcune imprecisioni legate all’uso della punteggiatura e altre di tipo linguistico (ad es. il pronome complemento “gli” viene impiegato per rivolgersi a personaggi femminili).

Nel complesso, il romanzo è piacevole, si lascia leggere, il materiale c’è e le idee pure, pur con qualche pecca (ovviamente è solo il mio parere, per cui è opinabile) e son certa che per il resto – come una maggiore attenzione e cura circa lo spessore psicologico dei personaggi (almeno i principali) o l’aspetto del linguaggio – c’è sempre modo e tempo per migliorare.

Angela

Un buon libro lascia al lettore l’impressione di leggere qualcosa della propria esperienza personale.

O. Lagercrantz

Recensione tratta da “Chicchi di Pensieri

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