Recensione

Tratta dal blog “Les Fleurs Dumal” di Alessandra Micheli

“1944: The rebellion” di Elisa Delpari, Edizioni del faro. A cura di Alessandra Micheli

Sono giornante come queste,

al caldo, magari davanti a un bel fuoco, con le luci di un albero che si riflettono tra le fiamme, con una tazza di te aromatizzato (per me alla cannella), con un libro in grembo e un gatto fuseggiante accanto, che il dolore, l’orrore sembra meravigliosamente lontano.
Sono attimi di puro e autentico relax.

Anche se si è soli con quel sole appena nato che, volenti o nolenti, ci brilla dentro, il mondo sembra solo una distesa di infinite possibilità.
Lontani dal clamore di una vita che richiama la nostra costante attenzione, distanti dalla paura e dall’angoscia di anni difficili, vicini molto vicini all’essenza di una verità che brilla più luminosa di quell’albero luccicante.
Natale non è una festa di regali e di vanità.
E’ un ritorno dentro noi stessi, una sorta di bellissimo viaggio verso casa.
Una vera e propria rinascita che culminerà a primavera, quando i sogni diventeranno azioni.

Eppure…

Nonostante questo momento mi avvicini di più alla parte meravigliosa di me stessa, al tempo stesso mette uno strano e cupo accento sull’altra parte della vita. Quella marcia, quella lastricata di sangue e violenza.
E’ proprio adesso che non posso, non riesco e forse non devo dimenticare che l’orrore, il male, la sua orrenda banalità sia sempre in agguato.
E che questo istante in fondo ci serve per ricaricarci, crearci una corazza adatta per combatterlo e sopratutto, occhi nuovi per riconoscerlo e arginarlo. Impedendo che il suo devastante flusso rovini di nuovo il nostro mondo.
Cosi come accadde ormai tanti anni fa.
Tanti per i giovani, pochi per chi come me con quei racconti ci è cresciuta.
E che lasciano una patina disgustosa e appiccicosa addosso.
Per voi giovani l’olocausto, il nazismo e la seconda guerra mondiale sono soltanto dati storici.
E guerre che vi lasciano indifferenti, cosi come ce ne sono altre.
E forse per alcuni Hitler poteva persino affascinare, visto il revival di aberranti idee che sembra andar di moda oggi.
Ma per me, per chi è vissuto guardando negli occhi i suoi nonni no, non è per nulla affascinate.
Disgusto, rabbia, incredulità.
Ma anche una sorta di strisciante coscienza che si, l’uomo è capace di andare verso il paradiso cosi come gettarsi e sguazzare nell’abisso più macabro.
Siamo capaci di meraviglie e aberrazioni, senza rimorsi, pronti a gettarci tra le braccia delle soluzioni più semplici, quelle che privano qualcosa della sua complessità. Il pregiudizio che diviene stereotipo è questo.
Si isola una parte e la si carica di ogni frustrazione, di ogni rancore e ci gode perché non siamo più noi le vittime della vita.
Ma sono gli altri, altri che divengono soltanto oggetti.
Mentre noi siamo reali e noi appariamo nobili, eroici e vincenti.
Il superuomo illude, seduce, conquista.
Ma il pegno che richiede è la propria umanità.
E un uomo senza umanità non è altro che un ricordo sbiadito.
Le parole per raccontarvi tutto questo, ragazzi miei, io non le trovo.
Non trovo neanche la capacità di rivelare le atrocità, perché ancora oggi non riesco a scendere a patti con loro.

Eppure le parole servono.

Servono oggi, in queste feste, cosi come serviranno domani nella vita di ogni giorno.
E come si educa allora un ragazzo, come gli si offrono gli strumenti adatti per riconoscere il male?
Con un libro.
Uno che attiri eppure narri, che emozioni ma sia ricco di messaggi profondi, di insegnamenti e della giusta potenza evocativa, da rendere la storia vita vissuta e non soltanto agglomerato di date e fatti troppo lontani da noi.

“1944: The rebellion” è tutto questo.

Con parole semplici ma affilate, Elisa vi porta attraverso una storia che è la vostra storia, un modo che è stato e rischia, se non siamo attenti, di tornare. Insegna ma non opprime.
Svela ma non vi porge la soluzione su un piatto d’argento, ma vi spinge a pensare a cercarla voi.
Vi lascia liberi eppure vi mostra.
Senza giudizio, senza pesantezza, con la leggerezza calviniana necessaria a far si che le parole intessano dentro di voi un arazzo di luce.
E quello che vedrete vi agghiaccerà.
Vi scioccherà.
Vi renderà però anche persone, vi renderà più umani che mai.
Consapevoli che è stato il minimizzare, la voglia di non muoversi dalla propria comfort zone, la frustrazione dei vinti, il pregiudizio di chi della complessità del vivere ha terrore, a aprire le porte dell’olocausto.
Questo libro vi potrà far male.
Ma vi servirà.
E diventerete eroi non sconfiggendo draghi, o salvando la principessa in pericolo, ma solo guardando con fierezza il male, tenendogli testa e urlando il vostro no.

Recensione tratta da “Les Fleurs Dumal

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